News

A tu per tu con… MICHELE PETUCCO

“A TU PER TU CON…” è un nuovo spazio di approfondimento a 360° con i protagonisti della nostra squadra!

Sogni, ricordi, aneddoti e curiosità per conoscere meglio chi, ogni domenica, ci fa tifare sempre più forte per il CALCIO ROSÀ!

Questa settimana la “RAFFICA DI DOMANDE” tocca al nostro mister MICHELE PETUCCO!

Michele Petucco – Mister Giovanissimi Rosà.

Quando e dove sei nato? 01/09/71 a Marostica.

Com’è nata la tua passione per il calcio? Me l’ha trasmessa mio papà. Lui ha giocato tanti anni a Marostica, ha speso quasi tutta la sua carriera lì e poi mi portava sempre allo stadio, fin da quando ero piccolino, a vedere il Vicenza. Lui giocava nel ruolo di difensore centrale, anzi come ama definirsi lui era uno “stopper”. In casa siamo nati tutti con la passione per il Vicenza nel DNA, passione che ancora portiamo avanti, anche se ci fa un po’ soffrire.

A che età hai iniziato a giocare? Sai, ogni tanto parlo con i miei ragazzi proprio di questo. Loro adesso iniziano a giocare prestissimo, a 6 anni, mentre io ho iniziato intorno ai 10/11 anni. Prima non credo ci fosse modo di giocare. Io ho fatto tutto il settore giovanile a Marostica, fino alla Juniores, che all’epoca erano gli Under 18.

C’è una partita di questa stagione che ricordi con particolare affetto? Non ce n’è una in particolare, perché le partite di quest’anno sono state tutte belle. Forse posso dirti la vittoria in casa 3-2 con l’Opitergina, quando per la prima volta eravamo sotto in casa e stavamo perdendo 2-1 ad un quarto d’ora dalla fine. Credo sia stata una grandissima prova di carattere, i ragazzi mi hanno dimostrato il loro attaccamento e la loro voglia.

E se ti chiedessi il momento più bello? Faccio fatica a sceglierne uno. È stata una stagione che mi ha dato tante gioie, sarebbe limitativo scegliere un momento soltanto. Tutte le partite e tutti gli allenamenti ti regalano qualcosa di speciale.

Com’è cominciata la tua carriera da allenatore? Io avevo iniziato a fare il secondo a Schiavon, in una società che non esiste più e prima ancora aiutavo a Longa di Schiavon, davo una mano all’allenatore. In questo modo mi sono avvicinato all’ambiente e ho visto che la figura dell’allenatore e tutto il lavoro che ci girava intorno mi piaceva. Da lì ho deciso di fare il patentino, nel 2014. Poi sono stato a Sandrigo un paio d’anni, società con staff molto strutturato, qui ho imparato molto. Sono tornato a Longa, dove ho allenato una squadra di Allievi e poi sono stato contattato dal Rosà. Ed eccomi qui.

Qual è il peggior difetto che a tuo avviso può avere un allenatore? Non essere un buon esempio per i ragazzi. Credo che noi abbiamo un ruolo di grande responsabilità: è inutile che io insegni ai miei ragazzi a comportarsi bene, se poi sono il primo che in panchina si arrabbia, inveisce contro gli avversari, ecc… Anche perché i ragazzi sembra non siano attenti, ma a volte, a distanza di mesi, si ricordano cose che ho detto che io già mi sono scordato… bisogna stare attenti!

E il pregio che invece rende un allenatore un bravo allenatore? Quello di capire chi ha davanti e comportarsi di conseguenza. I ragazzi sono tutti differenti, quindi non ci si può comportare con tutti alla stessa maniera. Ti faccio un esempio: il gruppo che ho quest’anno è un gruppo che lascio molto libero, se venissi ad un allenamento ti sembrerebbe una festa tra amici. So che con loro posso farlo, perché finito di scherzare si lavora sodo e seriamente. So che con loro posso farlo, ma magari se avessi un altro gruppo non potrei concedergli nemmeno un minuto di libertà. È importante capire con chi si ha a che fare.

Come ti vedi tra 10 anni e dove? Mi vedo ancora nel mondo del calcio, non riuscirei a stare senza. Io ho la fortuna che anche mia moglie mi segue, quindi non sono uno di quegli uomini che per dedicarsi al calcio tolgono tempo alla famiglia, quindi sono fortunato. L’ambizione che ho è quella, prima o poi, di riuscire ad allenare una squadra di grandi, soprattutto per mettermi alla prova.

Share